Mi dedico, da un po’ di tempo, a progetti multisoggetto per svariate ragioni. In primis, per creare qualcosa che possa essere parte di un insieme più grande. Poi per definire varie sfaccettature di ciò che sento su un determinato argomento, dipingendone differenti sfaccettature a seconda del personaggio rappresentato.
Amo l’idea di celarsi dietro un volto che non è il proprio, poter esser altro rispetto a sé stessi creando così un alter-ego.
Perché le maschere sono, oltre ogni dubbio, portatrici di valori profondi. Esprimono emozioni amplificate, iperbolizzano concetti creando caricature umane. L’indossarle ci impone di essere ciò che esse rappresentano, con o senza il nostro consenso. Personalmente credo la maschera esca dal concetto fisico di riparo visivo, più semplicemente diventa l’interpretazione di qualcosa o qualcuno che solitamente non siamo. Di fatto vivo di maschere, quotidiane, immediate, mutevoli e personalizzate sulla base della persona che mi si pone davanti. Credo d’averne messe così tante, nella mia vita, da non riuscire a scindere la mutevolezza del mio esprimermi col prossimo dalla mia reale natura.
Il riuscire a definirsi, per me, è sempre stato un po’ un dramma. Ho vissuto varie vite nella mia testa, ho vissuto tantissime fasi del mio corpo, ho vissuto tante persone diverse che hanno definito meglio le mie maschere interiori, scalfendo il viso con maggiore precisione, cesellando espressioni, conformando accenti e frasi con cui sempre meglio sono riuscito ad avvicinarmi al compiacimento dei miei interlocutori. Ma parimenti nessuno mai è riuscito a togliermi dalla coscienza quel vuoto dettato dall’essere per gli altri, prima che per me stesso.
Forse l’unica cosa che è arrivata nel tempo a definire ciò che sono è questa ricerca costante di un concetto tramite l’immagine, questa continua ricerca di forme e geometrie in grado di combinarsi a formare un quadro complesso e al contempo semplice, questo comporre linee per suscitare un’emozione. Più lo vivo, più lo lavoro, più il tratto si definisce attorno a ciò che sono. Mi lascia e credo sempre mi lascerà un incolmabile vuoto che continuerò a indagare, ma sarò consapevole alla fine di tutto d’aver intrapreso la strada che volevo. Forse.