La ceramica è entrata nella mia vita senza che io me ne accorgessi. Nella mia immensa ignoranza, fino ai 22-23 anni nemmeno ero a conoscenza del fatto che la mia zona contenesse uno dei distretti ceramici più importanti al mondo, né potevo immaginare che questo distretto avesse un indotto legato alla comunicazione visiva di dimensioni impressionanti. L’ho capito entrando in agenzia di comunicazione, iniziando a sfornare pannelli sinottici, volantini, cataloghi e flyer per fiere e sale mostra a ripetizione, per anni. Di fatto sono stato travolto dalle piastrelle prima ancora di accorgermi che le piastrelle erano attorno a me, ma cosa ancor più sorprendente è stato lo scoprire il mondo del fotoinserimento ceramico.
TRA PROFESSORI E SOLITUDINE, A CACCIA DI UN METODO.
Come dicevo, il mio percorso nel campo della comunicazione ceramica sin dall’inizio è stato simile a quello di un marinaio senza timone in alto mare: mi lasciavo sballottare dalle correnti lavorative altrui. Sicché, essendo all’epoca umile peones della UFO.ADV, mi rifacevo al loro insindacabile giudizio facendo tutto ciò che mi veniva detto di fare. Venne dunque il giorno in cui mi chiesero di iniziare a fare fotoinserimenti. Iniziai coadiuvato dalla fidata Barbara e dai consigli del buon Paolino from Altravista, partendo da cose piccoline, scontorni e i primi effetti di luci/ombre/riflessi. Fatto sta che in un tempo relativamente breve mi resi praticamente autonomo, riuscendo ad ottenere risultati veramente interessanti e soprattutto a perfezionare una specie di metodo lavorativo standardizzato con cui oramai approccio ogni genere di immagine su cui “opero”.
Di seguito vado ad illustrarvi queste tappe forzate, le quali ovviamente non sveleranno ogni segreto in mio possesso (piccola risata diabolica), ma forniranno una specie di modus operandi, frutto di applicazione e perfezionamento nel tempo, capace di far risparmiare un sacco di tempo sia a chi lavora sull’ambiente, sia al cliente più esigente e alla costante ricerca di modifiche.
REVERSIBILITA’ MASSIMA
Alla base del mio metodo c’è la possibilità di massimizzare la reversibilità di ogni fase processuale, in modo da venire incontro al cliente laddove abbia bisogno di modifiche, ad ogni step di lavorazione. Per fare questo la soluzione migliore è sfruttare al meglio le potenzialità di Photoshop, trattando ogni immagine alla stregua di un’opera di artigianato. Definirsi artisti quando si lavora su cose del genere è abbastanza insensato: perché non si tratta infatti di processo artistico e creativo, quanto piuttosto di ottenere un risultato foto-realistico (quindi standardizzato) attraverso una buona conoscenza degli strumenti a disposizione e ad una precisione il più possibile maniacale. Chiaramente vi è una sensibilità personale, come per ogni lavorazione artigianale, ma tutto è sotteso ad un procedimento estremamente rigoroso e da cui è meglio non scostarsi.
AL SERVIZIO DEL CLIENTE, CON SCHIETTEZZA
Proprio per ovviare a questa artisticità, ogni licenza personale è da evitarsi a beneficio delle scelte del cliente. Questo non significa tacere sempre e comunque anche a fronte di richieste improbabili, ma piuttosto fornire consulenza con la giusta serenità e senza troppo impuntarsi se proprio ci si rende conto che dall’altra parte non v’è ragione di cambiare opinione.
L’AMBIENTE ORIGINALE
Prendiamo in considerazione un bagno con varie superfici da modificare, tutte tra loro comunicanti. Il cliente ci chiede di posare un prodotto simil-cemento praticamente su ogni zona visibile. Questo rappresenta una specie di piccolo incubo per ogni fotoinseritore, perché costringe ad essere oltremodo precisi nel quotare ogni dimensione dell’ambiente al fine di far combaciare i vari formati che il cliente vorrà presentare nell’immagine. Ma a prescindere da questo, ogni ambiente va guardato attentamente sin dall’inizio per comprendere quali problematiche potranno presentarsi nelle fasi di lavorazione successiva. In primo luogo, bisogna fare molta attenzione alla prospettiva e alla dimensione dell’ambiente, se sin dalle prime occhiate l’immagine risulta eccessivamente grandangolare o presenta eccessive deformazioni ottiche si deve agire su di essa per “raddrizzarla” prima di diventare pazzi furiosi al momento della posa dei pannelli. Altra componente importante è il tipo di illuminazione presente nell’ambiente. Dominanti di luce colorata sono una vera seccatura se si vuol pensare di far risaltare il colore naturale della piastrella, da evitarsi dunque fotografie stile vintage, luci al neon o coffee shop illuminati con bracieri ardenti di incenso.
LA PROSPETTIVA
Parte inevitabile per creare pannelli prospetticamente allineati all’ambiente originale, ottenendo questi/o punti/o possiamo già farci un’idea di quanto schiacciati o distorti saranno i nostri prodotti posati. Per ottenerli, molto semplicemente, dobbiamo tracciare all’infinito le linee dritte che troviamo all’interno della nostra immagine. Come potete vedere è relativamente banale, bisogna comunque avere l’accortezza di congiungere rette tra loro abbastanza distanti nella foto, poiché in questo modo si ovvia quanto più possibile alla deformazione dovuta all’ottica dell’obbiettivo con cui è stata scattata la fotografia. Discorso differente riguarda i 3D, poiché i rendering producono immagina con prospettive precise e prive di effetti ottici tipici del mondo fotografico, bisogna solo allenare l’occhio per comprendere cosa si ha davanti quando ci arriva l’immagine (spesso è abbastanza semplice comprendere la differenza).
LO SCONTORNO
Lo scontorno consiste nel “ritagliare” le zone sensibili in cui poi poseremo le nuove piastrelle all’interno della foto. Lo si può fare in mille modi diversi, pennino, maschera di ritaglio, addirittura lazo poligonale. L’importante è essere dannatamente precisi e non dimenticare piccoli dettagli che ad un occhio attento risulteranno essere un vero e proprio pugno nell’occhio. A questa prima fase di scontorno “generico”, potrebbero seguirne già in questa fase altre più specifiche, per esempio oggetti che andranno poi posti su un livello superiore alla piastrella, vetri trasparenti, etc…
LE QUOTE
Le quote sono un discorso molto delicato, poiché da esse dipende la posa successiva e la veridicità spaziale del prodotto che poseremo (fondamentale per chi deve vendere le piastrelle dell’immagine ad un potenziale acquirente). Tutto si basa sulla conoscenza delle dimensioni dei vari elementi di arredo presenti all’interno della foto, in base ai quali si può cercare di misurare tutto il resto. Altri indizi interessanti sono le soffittature, la presenza di altre piastrelle di cui possiamo definire la dimensione, finestre e porte, amici architetti, la zia Marisa che vendeva poltrone a Ricci Casa…tutto aiuta quando si tratta di definire precisamente le dimensioni di un ambiente, anche (e soprattutto) Google!
LA POSA DI PREVIEW
La posa di preview si ottiene ricostruendo il prodotto posato con rettangoli o altre forme ricostruite a dimensione reale in Illustrator e poi montate sulla foto originale in Photoshop. Questo fornisce al cliente un’immagine di previsualizzazione molto utile, poiché attraverso essa può capire le dimensioni e le proporzioni delle varie piastrelle tra loro e nei confronti degli altri elementi presenti in foto, agendo velocemente e ottenendo altrettanto velocemente nuove preview nel caso vi fossero modifiche da apportare alla prima versione. Sembrano banalità, ma dopo infiniti patemi, facendo e rifacendo pannelli di incredibile pesantezza virtuale, ho capito quanto una fase di preview fosse necessaria per non finire in analisi anzitempo.
LA POSA VERA E PROPRIA
Approvata la posa preliminare si può passare a posare il prodotto vero e proprio. Molto importante in questo step è tener conto delle varie grafiche del prodotto a propria disposizione, in modo da rendere la loro distribuzione nel pannello il più eterogenea possibile. Il pannello va costruito in un file a parte, si compone di tutte le facce a disposizione del prodotto da posare, sempre che il cliente non abbia da ridire su alcune grafiche. Vi sono innumerevoli metodi per creare questi pannelli, personalmente ritengo sia fondamentale riuscire a creare file di dimensioni gestibili (parliamo nell’ordine del gigabyte) e privi di fuga, che solitamente applico attraverso un livello a parte nell’immagine del fotoinserimento. Molti tendono ad unire fuga e pannello posato nel file stesso del pannello e poi copia-incollare nel fotoinserimento, ma così facendo si perde la possibilità di applicare un leggero smusso-effetto rilievo delle piastrelle rispetto alla fuga, il che ritengo sia un piccolo tocco di classe…
OMBRE
Si passa poi all’applicazione
delle ombre, tenendo fede alle luci dell’ambiente originale. Come ottenerle? Vi
sono varie scuole di pensiero a riguardo. C’è chi fa tutto a pennello, chi fa
di tutto per ricavarle dall’ambiente originale, chi chiama un amico pittore. Io
credo sia giusto attingere da ogni possibile disciplina, l’importante è portare
a casa un livello (o più livelli) di ombre ben definito e reversibile. Oltre
che credibile.
Sia ben chiaro: la fase luci/ombre/riflessi/struttura non ha una scalettatura
vera e propria, è estremamente vincolata alle luci ambientali e al tipo di
prodotto ceramico utilizzato. Tendenzialmente, su prodotti opachi, si da la
precedenza alle ombre, poiché richiedono un lavoro di fino molto superiore
rispetto a luci e riflessi. I prodotti lappati o lucidi invece impongono di
studiare prima di tutto i riflessi, una vera sfida per ogni photoshopparo
professionista, poiché obbligano a ricreare le varie parti dell’ambiente in
maniera specchiata.
LUCI
Come sopra, seguire fedelmente l’ambiente, cercando di avere un occhio di riguardo per il tipo di superficie e la colorazione del prodotto posato. Solitamente le luci e i giochi luminosi sono un tasto molto sensibile per il cliente, poiché queste tendono a mascherare il prodotto più di quanto non facciano le ombre. Sta a voi decidere fino a che punto “non ribellarvi” alla sua continua voglia alleggerire gli effetti luminosi, poiché è giusto premurarsi della veridicità dell’ambiente oltre alle giuste volontà del vostro committente.
STRUTTURA
Dare struttura al prodotto ceramico significa andare ad agire sui contrasti, applicare maschere, creare effetti di luce attraverso particolari pennelli, accentuare passaggi di luce in aree specifiche della piastrella….in pratica ogni cosa che passa per la mente al cliente, e ogni cosa possa rendere il prodotto più verosimile a quello reale.
ULTIMI ACCORGIMENTI
Tra le ultime cose da fare, oltre al farsi pagare, c’è l’armonizzazione cromatica tra prodotto posato e luce complessiva dell’ambiente. E’ un passaggio cruciale per omogeneizzare al massimo l’immagine, senza questa attenzione infatti l’ambiente potrebbe risultare decisamente distaccato dalla zona fotoinserita, vanificando il buon lavoro svolto sino ad ora.