Il mio rapporto di
collaborazione con il Festival del Luppolo è particolarmente lungo,
particolarmente proficuo, decisamente legato alla mia crescita professionale
(sebbene loro ne siano consapevoli soltanto in parte).
Ho la fortuna di conoscere questo gruppo di ragazzi da molto tempo, una
compagine formiginese molto attiva e molto creativa, accomunata dal cameratismo
scoutesco che tanto bene ha fatto a questo paesotto tanto piccino quanto
frizzante. Definire Scout questi ragazzi è riduttivo, un modo semplicistico che
potrebbe nerdificarli senza colpe apparenti, anche perchè tutto sono
tranne che topi da biblioteca incapaci di rapporti sociali.
Negli anni hanno creato un movimento di orzo e luppolo tale da richiamare
l’attenzione di migliaia di persone, attirandole con l’aroma di salsiccia alla
griglia e costina in umido, della piadina croccante e dell’hamburger sesamato.
Il mio impegno nel tempo è stato, a dirla tutta, discontinuo. Tutto dipendeva
dalla mole di lavoro da smaltire durante il periodo della festa in sé, oltre
che dalla volontà degli organizzatori di affidarmi o meno il progetto:
incredibilmente sono sempre tornati da me.